Un mondo senza confini by William Atkins

Un mondo senza confini by William Atkins

autore:William Atkins [Atkins, William]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2023-07-04T00:00:00+00:00


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Il giorno seguente andammo in auto verso quello che un tempo era stato il mare, a sud, lungo uno sterrato di 10 chilometri che serviva una «stazione di raccolta del pesce», come la chiamò Serik, dove il pescato del giorno veniva scaricato e pesato prima di essere trasportato ad Aralsk per essere eviscerato, congelato e inscatolato. Attraversato l’arco di acciaio bianco che segna il limite della città di Aralsk, la strada si fece di colpo malagevole, una pista di fango e pietre. Serik fece una sosta per fumare accanto a un campo di rifiuti: scarti di cucina, materiali da costruzione, mobili rotti, vestiti, ossa, le ubique, interminabili bottiglie di vodka dell’Asia centrale. Era la discarica della città, e ovviamente era lì che cominciava il deserto – un deserto considerato anch’esso soltanto una gigantesca discarica. Una descrizione che poteva essere estesa a tutto l’oblast’ di Kyzylorda, di cui Aralsk faceva parte; e oltre a quello, nella mente del Cremlino, all’intero Kazakistan. Erano lì i deportati della Seconda guerra mondiale – i milioni di infidi greci, tedeschi del Volga, cechi, ingusci, calmucchi, turchi, tartari e coreani, sparsi per tutta la repubblica. Era lì Solženicyn, esiliato a Ekibastuz, a nord-est; Trockij ad Almaty; e Dostoevskij a Semipalatinsk (già Semej) nella Siberia kazaka, 1000 chilometri a nord di Almaty. E nella steppa vicino al luogo d’esilio di Dostoevskij c’era il cosiddetto Poligono, dove, fra il 1949 e il 1990, Mosca fece esplodere seicento ordigni nucleari – detonazioni che fanno sembrare petardi quelle di Maralinga e del Lop Nur. Per giorni, dopo ogni test di superficie, si vedevano le aquile della steppa immobili sui pali del telegrafo, accecate.

Lo sfruttamento delle acque dell’Aral determinò un calo del volume delle acque soggette all’evaporazione. Le piogge diminuirono, e l’abbassamento delle acque del mare accelerò. L’effetto mitigante del mare sul microclima locale si ridusse. Le estati si fecero più lunghe e calde, gli inverni più brevi e freddi. Il tasso di umidità diminuì, i giorni di siccità si moltiplicarono. L’alveo polveroso del mare divenne un serbatoio per le tempeste di polvere. Ogni anno milioni di tonnellate di materia sono raccolte dalla superficie e sollevate in pennacchi torreggianti per essere poi trasportate da un capo all’altro del bacino dell’Aral e fino alla Lituania e all’Afghanistan. A differenza dei buran del Taklamakan, queste tempeste di polvere sono inquinanti, poiché oltre ai sedimenti contengono residui di sale marino, che, depositandosi su terreni già poco fertili, li rende ancora meno fecondi. A volte è l’acqua stessa a causare la desertificazione. L’irrigazione eccessiva, specie nelle zone a forte evaporazione, fa sì che i sali disciolti si accumulino nel suolo fino a quando non vi cresce più nulla. Malamente gestiti e mal drenati, i nuovi campi di cotone del Kazakistan diventarono tiepidi acquitrini. Le acque inutilmente ristagnanti sulla superficie evaporarono, lasciando solamente una crosta di sale sul cotone e sul suolo. Mentre il Mare d’Aral si restringeva, i raccolti, che richiedevano di deviarne le acque per essere irrigati, andavano persi. Così il nuovo deserto, nato



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